Io lavoro in un’azienda grande. Così grottescamente grande che quando, per qualche strana coincindenza, devi avere a che fare con i pezzi grossi, è come se dovessi trattare col papa o con la regina d’Inghilterra.
Oggi, per l’appunto, è successo. Io e i miei compari accrocchiatori ci siamo trovati a dover presentare una demo a un tizio che nell’organigramma ha solo una persona sopra di lui; un tizio che probabilmente guadagna ogni mese i soldi che noi in cinque tutti insieme (forse) raggranelliamo in dieci anni. Insomma, un pezzo grosso grosso grosso.
La cosa “divertente” però non è stata trattare col tipo in questione; la cosa divertente è stata scoprire stamattina (prima del fatidico incontro) che all’interno dell’azienda esiste un reparto “comunicazioni” di persone che si occupano di dirti come devi “comunicare” con i pezzi grossi interni o esterni all’azienda stessa. Praticamente dei cerimonieri.
Così alle otto e mezza, mentre preparavamo le nostre boiate, ci siamo trovati tra i piedi una tizia del suddetto reparto, una con un culo di gallina al posto della bocca. Costei ci ha spiegato con molto sussiego come si sarebbe svolto l’incontro, con frasi come “l’ingegnere arriverà alle dieci, entrando da quella porta; voi dovrete rimanere accanto ai vostri accrocchi schifosi, e quando lui vi saluterà potrete presentarvi e stringergli la mano (se lui ve la porge)”.
E poi ci ha interrogato su cosa avremmo detto e fatto, avendo cura di sottolineare di tanto in tanto che “questo all’ingegnere non interesserà” e “questo discorso è dispersivo e voi non volete che l’ingegnere si annoi” e così via.
Insomma, sono rimasto davvero di sasso. Peraltro “l’ingegnere” si è dimostrato un tipo tranquillo e semplice, assolutamente alla mano. Il problema è che questo genere di leccaculi hanno comunque un potere spaventoso perché sono a contatto con gli alti papaveri e possono far fluire (oppure no) ogni sorta di informazione (vera o presunta), mentre noialtri plebei non avremo probabilmente mai più l’opportunità di conferire con il sommo.
Però che schifo, l’avrei presa a testate.