A volte vorrei che la si smettesse di avere nelle librerie e nelle biblioteche scaffali di testi “a tematica omosessuale”. E poi festival del cinema “a tematica omosessuale”. E poi mostre d’arte “a tematica omosessuale”. Alla fine tutte queste cose non fanno altro che diventare scaffali per omosessuali, festival per omosessuali, mostre per omosessuali.
Perché devo andare in libreria e trovare “Camera con vista” negli scaffali di narrativa, tra gli autori in ordine alfabetico, alla voce “Forster” e trovare invece “Maurice”, dello stesso autore, in un altro scaffale, tra i libri con etichetta “LGBT”?. Ma che senso ha? Possibile che “Maurice” possa interessare solo a lettori gay? O magari si voleva evitare al povero lettore ignaro lo choc di leggere una storia incentrata sull’amore tra due uomini? Oppure è normale che al festival del cinema LGBT di Torino tutto il pubblico fosse costituito da gay? Davvero queste storie non interessano nessun altro? Sono davvero così aliene? O siamo noi che stiamo diventando autoreferenziali? È vero che ci stiamo autoghettizzando, come dicono alcuni?
O forse tutto questo nasce solo dal fatto che la gente vuole solo far finta di niente. Fare come se nessuna diversità esistesse. Che poi è quello che vorrei pure io, visto che tutta questa diversità sta solo nella testa delle persone. E aveva forse proprio ragione Forster, nell’introduzione a Maurice, quando diceva